La tutela della qualità e la repressione contro le falsificazioni e le frodi nel comparto vino
Intervista a Stefano Vaccari, Capo del Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Mipaaf.
Tra i prodotti enogastronomici italiani soggetti a fenomeni fraudolenti vi è anche il vino. Qual è la frode più frequente, che avete riscontrato, per questa bevanda?
Il vino è il prodotto agroalimentare italiano più esportato e quindi ha una speciale attenzione sui controlli. Con circa 14mila controlli ispettivi e oltre 3.500 analitici, svolti nel 2017 sui vini, l’ICQRF è la maggiore autorità di controllo italiana del settore e una delle maggiori del mondo. Gli illeciti riguardano nella maggior parte dei casi la designazione e presentazione dei vini. Sono anche frequenti casi di irregolarità documentali nella movimentazioni dei prodotti e quelli relativi alla composizione chimica o organolettica di mosti e vini non conforme. Oltre a ciò, sono stati riscontrati casi di sofisticazione di vini generici, e talora a IGP, per zuccheraggio e annacquamento, vini a DOP e a IGP non conformi ai requisiti stabiliti dai rispettivi disciplinari di produzione. Nel 2017, inoltre, abbiamo sviluppato, d’iniziativa o su delega, complesse indagini dirette da diverse Procure della Repubblica su tutto il territorio nazionale per contrastare la criminalità agroalimentare.
Spesso i comunicatori del vino affermano che dopo lo scandalo del metanolo, nel 1986, si è ripartiti con una nuova consapevolezza, la qualità. Quella fu una frode tossica. In base alla vostra esperienza, le cose stanno realmente così come sono descritte?
Certamente negli ultimi 30 anni molte cose sono cambiate, a cominciare dal ruolo stesso del vino tra i consumatori. Il vino è divenuto sempre più un elemento di piacere ed ha perso i connotati di semplice “alimento” che aveva nei decenni scorsi. Questo ha influito anche sulle frodi, sempre più mirate ad aggredire il suo valore immateriale. Per questo l’ICQRF, nato nel 1986 a causa del metanolo, oltre agli strumenti analitici e investigativi tradizionali, ha sviluppato sempre più le conoscenze sulla tutela dei valori immateriali e per il contrasto delle frodi online. Pensiamo ai registri telematici del vino, agli accordi con i grandi player dell’e-commerce, da Alibaba a eBay, la cooperazione con Amazon: sono tutti strumenti che consentono al sistema italiano di rispondere alle nuove sfide della contraffazione. Ma non abbassiamo la guardia sulle frodi “tradizionali”.
Italian sounding, wine kit… il contrasto ai fenomeni fraudolenti passa anche per il web?
Il web è un mercato ormai ordinario: in molti Paesi, specie asiatici, costituisce il principale mercato. Quindi non sfugge ai fenomeni di contraffazione ordinari. L’Italia è comunque all’avanguardia nella lotta alla contraffazione via web: l’esperienza dell’ICQRF, che poco più di tre anni ha compiuto 2.200 operazioni di tutela del Made in Italy sul web, è considerata a livello europeo una best practice. Agiamo sulle piattaforme di eBay, Alibaba e Amazon come soggetto legittimato (owner) a difendere il “nome” delle Indicazioni Geografiche italiane. Con eBay e Alibaba siamo stati ammessi ad agire direttamente sui sistemi di protezione delle proprietà intellettuali “VeRO” e “Aliprotect”, rispettivamente. Con Amazon Europe, poi, cooperiamo nel bloccare le inserzioni di vendita irregolari di prodotti che evocano o usurpano le Indicazioni Geografiche.
Al Museo dei Crimini Ambientali (presso il Bioparco di Roma), tra i prodotti esposti soggetti alla contraffazione vi è, tra gli altri, il vino. E’ questo un modo per coltivare un’educazione responsabile di consumo passando per le famiglie?
La connessione crimine/vino non mi piace. Le frodi alimentari hanno origini antichissime e la conoscenza della storia è sempre fonte di insegnamento. L’educazione responsabile comunque è fondamentale per vivere appieno l’esperienza del vino. Vorrei al riguardo ricordare che il recente Testo unico del vino, nell’articolo 1, riconosce che “il vino, prodotto della vite, la vite e i territori viticoli, quali frutto del lavoro, dell’insieme delle competenze, delle conoscenze, delle pratiche e delle tradizioni, costituiscono un patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale”. Sulla stessa linea i recenti riconoscimenti dell’Unesco che ha inserito nella World heritage list i vigneti che caratterizzano il paesaggio delle Langhe, Roero e Monferrato così come la pratica agricola della vite ad alberello di Pantelleria. Lo sviluppo delle conoscenze del vino, intese nel senso indicato dalla legge sul vino, nei musei e nelle esposizioni culturali, può indubbiamente contribuire a rafforzare la cultura alimentare dei consumatori, i punti di forza, le criticità dei settori merceologici e la valenza del Made in Italy.
Il vino è un elemento distintivo, lei ravvede un nesso tra lo stile di vita e la contraffazione?
Abbiamo visto come il vino sia sempre meno commodity e sempre più caratterizzato da valori emozionali. La contraffazione, cioè la sostituzione di un vino con un altro di minor pregio, o che comunque non ha i requisiti per potersi fregiare di un nome protetto, è un fenomeno che si fa strada laddove c’è convenienza economica e maggiore successo commerciale tra i consumatori. Certamente i vini italiani, ricchi di valori culturali e che incarnano uno stile di vita apprezzato nel mondo, non a caso sono spesso oggetto di fenomeni di contraffazione a livello globale. Su questo fronte l’ICQRF è in prima linea e proseguirà anche nel 2018 l’azione di prevenzione e contrasto alle frodi e alle evocazioni illegali, anche sul web.
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