Thailandia, la mitica

“Il sorriso dei tailandesi è una morbida espressione che si forma tanto con le labbra quanto con la dolcezza dello sguardo”.

 

Il Boeing 747-400 della Thai nella sua lunga corsa verso il sole d’Oriente incontra terra a Bangkok all’alba. E le risaie fumiganti di nebbia calda, le chiazze d’acqua accese di riflessi nel verde profondo, il profilo azzurrino dei templi, la luce morbida e rosata, lo scenario insomma così diverso da quanto un europeo si è lasciato alle spalle, Lo convincono di essere davvero dall’altra parte del mondo, dove tutto ciò che è inedito, per la legge dei contrari, deve essere assolutamente l’opposto di ciò con cui è abituato a confrontarsi. Splendida e nevrotica, la “città degli angeli” (questo significa il suo nome dell’antica lingua thai), vive oggi le violente contraddizioni di un’occidentalizzazione convulsa. Qui il caos di un traffico mostruoso si unisce ai gesti cadenzati e profondi che i monaci buddisti ripetono ogni giorno nella pace di 400 templi, in cui il tempo sembra essersi fermato; qui, le seduzioni notturne di Pat Pong, il quartiere divenuto, durante e dopo la guerra del Vietnam, una sorta di enorme “sex shop”, si alternano al silenzio dei canali non ancora colmati dai bulldozer, dove le vecchie casa coloniali, immerse in una profumatissima vegetazione tropicale, conservano una quiete gentile. Ma il convivere di queste due anime è anche l’aspetto più affascinante per il visitatore occidentale, che per apprezzare la città deve abbracciarne tutti i contrasti. Ma ricondurre ogni esperienza a quanto già si conosce per renderla comunque rassicurante, è un errore che a Bangkok si comprende subito dopo qualche ora di sonno ristoratore in albergo per rimettersi dallo sbalzo dei fusi. Perché l’intera Thailandia, e dunque anche la sua capitale, non risulta il contrario di niente di conosciuto. Percorriamoli a uno a uno i luoghi comuni di questo Oriente quasi estremo: qui, si dice con l’aria di chi giunge dal futuro e ha capito molto dopo appena un paio di giorni di permanenza, il passato è ancora così vivo che la monarchia di re Bhumibol Adulyadei, ovvero il nono Rama della dinastia Chakri, prospera incarnando la tradizione. Altri luoghi comuni quasi obbligati riguardano l’intensa spiritualità e la connaturata dolcezza dell’anima thailandese, due sentimenti, guarda caso, che sono l’opposto di quanto alligna nel mondo occidentale così materialista e aggressivo. Certo, l’esperienza della visita a un tempio può risultare toccante per un occidentale: al Wat Phra Keo, il tempio del Budda di smeraldo, dove ancora oggi il re si reca a pregare e a portare le offerte ai bonzi in tonaca arancio, il tempo sembra sospeso negli aromi dei legni preziosi e si rimane quasi ipnotizzati ai gesti misurati, armoniosi e sereni dei fedeli, così lontani dagli atteggiamenti contriti che si incontrano nelle chiese cattoliche . Incanta infine la delicata, soave abitudine di esprimere un voto ponendo una pellicola d’oro impalpabile come un sogno sulla statua di un Budda oppure un bocciolo di una magnolia accanto a centinai di altri fiori. La chiave per capire Bangkok, e amarla, è dunque quella di scoprirne e accettarne i contrasti. Alcuni, come quello fra l’insita dolcezza del carattere thai e la violenza di una città paralizzata dal suo stesso sviluppo, non sfiorano quasi mai il viaggiatore che anzi è portato ad apprezzare, queste due facce assolutamente speculari, soltanto la prima e a convenire con quel antropologo americano che ha scritto: “Il sorriso dei tailandesi è una morbida espressione che si forma tanto con le labbra quanto con la dolcezza dello sguardo”. Ci sono invece alcuni contrasti che coinvolgono il viaggiatore in prima persona; limite sfuggente fra le due identità di Bangkok, è il breve spazio del tramonto: la città diurna dei templi e delle lunghe file di bonzi che solcano il traffico pregando e accettando umili offerte, si tramuta di notte in un supermarket del sesso con una sola parola d’ordine : trasgressione. E’ l’ora in cui 5.000 “tuc-tuc” i taxi triciclo gravidi di immaginette sacre, ghirlande di fiori lampadine colorate, schizzano nel traffico portando turisti di tutto il mondo a Pat Pong, le tre stradine private dove,fra sale di massaggio e topless bar, si nascondono i teatrini porno abusivi, in realtà tollerati o addirittura controllati dalla polizia. Nonostante i templi, che soddisfano l’immediata sete d’esotismo del turista medio e lo rassicurano d’essere andato veramente lontano, Bangkok non è una città monumentale, da vedere. E’ da vivere. Però anche lo scenario merita d’essere inquadrato perché il suo caotico sviluppo: da 500. 000 abitanti a circa 15 milioni in solo quarant’anni, ci mostra in diretta come si stano evolvendo le metropoli del Sudest asiatico, dirimpettaie della costa californiana e prossimo baricentro dell’economia mondiale. Qui piovono investimenti che prendono forma di grattacieli, banche e centri commerciali e i timori del 1975, quando sembrava che la Thailandia fosse il prossimo obiettivo comunista dopo il Vietnam, la Cambogia e il Laos, sono ora svaniti. In realtà Bangkok rappresenta per il viaggiatore un’esperienza molto gradevole e le tensioni e le contraddizioni di una città sottoposta a uno sviluppo forzato artificiale rimangono in secondo piano ben dissimulate, per esempio, dal servizio impeccabile offerto da alberghi fra i migliori del mondo, ricchi anche di storia come l’”Oriental” che ebbe fra i suoi ospiti un certo Conrad, il romanziere.. E poi uno shopping molto variegato a prezzi assai interessanti, un ventaglio di escursioni ancora scarsamente battute sia verso nord, Chiang Mai e Chiang Ria. Chiang Mai offre attrattive simili a quelle di Bangkok, in scala minore, ed è molto meno congestionata con un clima più temperato. Il ritmo di vita più rilassato rispetto alla capitale e la vicinanza con aree protette come i parchi nazionali, consentono in questa regione attività escursionistiche e naturalistiche. Verso sud, a Puket, un’isola eden dove è stato girato il film “L’uomo dalla pistola d’oro” della famosa serie di 007, fanno della Thailandia una meta che calamita, e non delude milioni di turisti. Nel caso di Bangkok comunque è tutto da verificare se i turisti accorrono per via delle molte seduzioni offerte dalla città oppure se queste sono state programmate e predisposte per soddisfare la domanda di esotico espressa dalla borghesia occidentale. Anche se per il turista si tratta di un finto problema, Bangkok infatti, mantiene fedelmente tutte le sue promesse. E’ difficilissimo, da parte di noi occidentali, cogliere tutte le sfaccettature di una società così lontana, diversa e in evoluzione velocissima; anche il fatto di analizzarne i contrasti è, in un certo qual modo, una dichiarazione d’impotenza a racchiudere la complessa identità in un’immagine sintetica e comprensibile. Ma forse è proprio l’anima religiosa buddista a rappresentare lo specifico della cultura tailandese; fra tutte le grandi religioni il buddismo infatti è l’unica a non avere mai iscritto nella storia i capitoli sanguinosi delle guerre sante ed è la tolleranza, che del buddismo è un cardine, il sentimento più radicato nei comportamenti collettivi thailandesi. “Con questo non si vuol dire che in Thailandia non esiste la violenza, ma a differenza del nostro mondo, essa non è dovuta all’immortalità, bensì ad una indifferente amoralità

 

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Di Jimmy Pessina
Reporter di viaggi di turismo, giornalista e fotografo per la rivista Il Sommelier