Lo “spirito” di un popolo: single malt whisky di Scozia

L’unicità del whisky, in Scozia, è stata creata, come sempre, dall’incontro della natura con il lavoro dell’uomo.

“O tu, mia Musa! Buona vecchia bevanda scozzese! Che tu fili nelle contorte spirali, o, di un ricco marrone, spumi sull’orlo con schiuma gloriosa, ispirami, fino a farmi balbettare e chiudere gli occhi, a cantare il tuo nome!”. Robert aBurns (1759-1796), poeta e cantore scozzese, è un vero e proprio orgoglio nazionale. Egli così rendeva omaggio al whisky, che, proprio come lui, è un elemento essenziale profondamente immanente nella realtà della Scozia e degli Scozzesi.

E’ davvero difficile trovare un prodotto, ed in particolare una bevanda, che sia così connesso con l’ambiente ed il tessuto sociale di una nazione, come lo è il distillato del malto d’orzo, in particolare quello di una singola distilleria (single malt).

Così, nelle città così come nei piccoli paesi, i bar e pub (freehouses) hanno sempre, oltre a ottime birre, molti “malti” al bicchiere, per scegliere e godersi un dram (la quantità giusta di whisky nel bicchiere: 25 ml).

L’unicità del whisky, in Scozia, è stata creata, come sempre, dall’incontro della natura con il lavoro dell’uomo.

Uno degli elementi che più colpiscono e che caratterizzano la produzione del distillato è l’acqua, purissima, di cui il territorio scozzese è ricco, con i suoi laghi, i torrenti, i fiumi, le sorgenti.

L’acqua assume in sé e si porta dietro le caratteristiche dei luoghi in cui nasce o scorre: la elevata acidità dello Speyside, in suoli calcarei, fornisce un liquido diverso dalla ricca mineralità di quella delle Isole di Mull e di Skye, ad es., in terreni basaltici (come le Cuillin Hills) di origine vulcanica.

Insieme all’orzo maltato e ai lieviti, è uno dei tre ingredienti “materiali” per la produzione del whisky. Incide in fase di maltazione, ma soprattutto nella formazione del “mosto”: l’orzo maltato viene messo a macerare nel mashtun dove si svolgono, normalmente, tre passaggi con acqua a temperature diverse per lo sviluppo ottimale degli zuccheri necessari alla successiva fermentazione. E poi, alla fine, l’acqua è utilizzata per gestire la gradazione alcolica voluta dalla distilleria per ciascun prodotto, con appositi tagli.

Ecco che ogni distilleria ha vicino un corso d’acqua (come Talisker, sull’Isola di Skye, o Tobermory su Mull; e lo Speyside prende il nome proprio dal fiume Spey attorno al quale sono sorte le varie aziende) oppure utilizza sorgenti naturali dalla pura roccia (come Glenfarclas, in Speyside).

Quanto al malto, è chiaro che in origine tutto è nato dalla coltivazione, nel clima scozzese, di grandi quantità di orzo (ed altri cereali), da cui trarre materia prima per la fermentazione (birra) e la successiva distillazione (whisky).

Oggi sono pochissime le distillerie che maltano l’orzo direttamente, presso di sé, come da tradizione, e si contano sulla punta di poche dita, anche se certamente sono alcune tra le più rinomate, come Balvenie in Speyside; Highland Park sulle Isole Orcadi; Laphroaig e Bowmore su Islay; Springbank a Campbeltown. Quasi tutte acquistano da maltatoi di fiducia, che a loro volta usano orzo che proviene da altri paesi europei, continentali.

Un passaggio essenziale della produzione del malto è l’essiccazione; in molti casi avviene mediante fuoco o vapore, in altri mediante fumo da torba che, per i whisky della costa Ovest, conferisce i caratteristici sentori torbati (peaty), affumicati, medicinali, che tanto affascinano gli appassionati della tipologia.

Dopo la preparazione del mosto, la fermentazione avviene in grandi recipienti, che, a seconda delle scelte e delle tradizioni aziendali, sono di acciaio inox o di legno, dove vengono inoculati i lieviti per giungere ad un prodotto (simile alla birra) di gradazione alcolica tra l’8 e il 9 %.

Questo liquido (il wash) subisce la distillazione nei grandi alambicchi (pot still) che sono l’immagine simbolica più caratteristica delle varie aziende. Il vapore-alcol, che deriva dal riscaldamento dell’alambicco (wash still per la prima fase), con il passaggio all’esterno nella serpentina o in tubi immersi nell’acqua si condensa ed assume lo stato liquido; poi passa nello spirit safe sotto l’attento controllo dello stillman, per gestire la gradazione nonché testa, cuore e coda; ne deriva un distillato di bassa gradazione (low wine, 21-28 gradi) che quindi torna in altri alambicchi (spirit still) per la seconda distillazione, dove si purifica ulteriormente ed acquista la forza e la struttura volute (circa 70 gradi). Da notare che tradizionalmente le distillazioni erano tre, ma oggi solo la Auchentoshan, alle porte di Glasgow, lo fa.

A questo punto il neo-distillato, privo di colore, è pronto per iniziare l’affinamento, dove emerge tutta l’arte della distilleria, del maestro distillatore e dei suoi collaboratori.

Si scelgono con cura le botti: il distillato si arricchisce dei sentori ceduti dal legno, che può essere di rovere europeo o americano, nuovo, con la sua tostatura più o meno accentuata, o vecchio, e normalmente è un recipiente in cui precedentemente è stato affinato un altro prodotto (un vino rosso, oppure, soprattutto, un vino speciale come Sherry, in particolare Oloroso, Madeira, Porto, o ancora un altro distillato, come bourbon USA, whisky, rum caraibico). E molto cambia sulla base del tempo di maturazione, dai 10 anni di bae (ma a volte anche meno) ai 25 e più: saper attendere ripaga in ricchezza dei profumi, persistenza delle sensazioni gustative, in emozione.

Durante tutto questo tempo, il whisky assume con lentezza i profumi dell’aria circostante, i fiori e le piante, i boschi, ma soprattutto il mare con il suo salmastro, la sua salinità e la sua mineralità.

Qui sta anche uno dei motivi per cui la Scozia è perfetta per la produzione del whisky: esiste il clima ideale affinché sia molto limitata l’evaporazione, durante il lungo affinamento, del liquido dalle botti, poiché le temperature sono costantemente basse durante l’anno, con scarse escursioni termiche tra inverno ed estate. E’ dunque solo il 2% annuale la cosidetta “parte degli angeli”, la angels’ share, come viene chiamata, con un’immagine particolarmente evocativa, la quota che, evaporando, è goduta dagli angeli.

Ed il grande fascino del whisky sta proprio nella complessità olfattiva che deriva dai tanti elementi e passaggi della sua produzione. C’è l’acqua, con gli elementi minerali che ha saputo recepire nel suo percorso; ci sono i sentori che derivano dal cereale originario e dal malto, così come presenti nella materia prima, o sviluppati dal procedimento, e comunque “trascinati” dalla distillazione nello spirito che ne deriva; e se il malto è stato essiccato con calore e fumo di torba, come avviene soprattutto nelle Isole dell’Ovest (in particolare Islay, ma anche Jura, Skye, Arran, Campbeltown), emergono aromi medicinali, affumicati, iodati; ci sono i profumi portati dai lieviti, quelli che si sviluppano con la fermentazione, e poi, soprattutto, le tante sensazioni olfattive (il 70% di quelle del prodotto finale) conferite dall’affinamento, dall’arte della maturazione nelle botti, con il tempo e con la diversità dei contenitori.

Ecco che un detto anonimo, non a caso scritto anche sul muro di un pub nel centro di Inverness, recita che “l’amicizia è come il whisky: quanto più è vecchia, tanto è migliore”.

E’ questo lo spirito del popolo scozzese, e non è un caso, allora, che la Burns Night, grande festa che si celebra il 25 gennaio, giorno della nascita del poeta, si concluda con qualche whisky dram per celebrare la ricchezza della natura di Scozia, la tempra e l’umanità dei suoi abitanti, la gioia di vivere.

 

Talisker 27 anni (1985) – Dall’unica, antica distilleria della meravigliosa Isola di Skye, con l’acqua del fiume che scende dalle vulcaniche Cuillin Hills, un assaggio indimenticabile: al naso si susseguono svariati profumi, tra il fumo di torba, le sensazioni floreali, la frutta secca; è proprio uno spirito made by the sea, come dicono a Talisker, e gli aromi di iodio, salmastro, alghe sono davvero netti ed intriganti, con una profondità gusto-olfattiva disarmante. Subito dopo, in un chiosco si prendono ostriche crude e, nel mangiarle, i sentori del whisky ritornano in un connubio affascinante, con il mare a fare da legame.

Highland Park 25 anni – L’assaggio di un mito non lascia indifferenti e non delude le aspettative: sono evidenti i sentori di fiori, di erica, di erbe aromatiche, di salmastro; ma soprattutto colpisce l’eleganza gustativa, con un sorso teso ed affilato che lascia una bocca pulitissima  con una persistenza aromatica infinita, paradossalmente rinfrescante. Dalle isole Orcadi, una purezza che sa di prati colpiti dal vento pieno di salmastro.

The Balvenie 17 anni Doublewood – C’è tutta la dolcezza suadente dello Speyside, in questo malto affascinante fin dall’etichetta, tradizionale ed espressiva; all’olfatto è molto tipico e intrigante, pieno di frutta secca dolce, miele, pan di spezie; in bocca colpisce la grande integrazione dell’alcol con le altre componenti: i profumi e la struttura compensano perfettamente la forza alcolica e la morbidezza, con un finale dove tutto va “a braccetto”, dolcezza, calore, profumi, acidità.

Glenfarclas 25 anni – La famosa distilleria dello Speyside è una delle poche che, nonostante l’importanza commerciale, è rimasta familiare: di padre in figlio i Grant ne hanno fatto la storia e la guidano oggi con una qualità senza compromessi. Colpisce in azienda la profondità e varietà delle annate degli spiriti che hanno in affinamento, con botti riempite 50 e più anni fa. Questo malto ha una ricchezza olfattiva fuori dal comune, con confettura d’arance, miele di castagno, frutta secca, cenni anche iodati, cioccolato; in bocca è rotondo, avvolgente, con un’infinita persistenza delle sensazioni odorose dolci e speziate.

Ledaig Oloroso Cask 2004 (Tobermory) – La distilleria Tobermory si trova sul porticciolo del paese omonimo, sull’affascinante Isola di Mull; è una delle più antiche, dal 1823, anche se nel corso del 1900 ha avuto alterne vicende e solo da un ventennio è tornata ad alti livelli qualitativi; gode dell’acqua pura del fiume e dell’essere direttamente sul mare. Produce malti senza torbatura, i Tobermory, e quelli invece torbati, della linea Ledaig (l’antico nome del paese in gaelico). Questo, dell’annata 2004, è maturato in botti di Sherry Oloroso, presenta una peatiness (il sentore di torba) molto delicata, integratissima con la dolcezza di frutta secca, miele e spezie; in bocca è morbido, carezzevole e asciutto, con finale appena affumicato, non lungo ma molto elegante. Un perfetto connubio di stili. In distilleria si assaggia anche il Ledaig Virgin Oak Cask 2006, maturato in botti nuove di rovere, meno dolce, ma penetrante e più profondo e strutturato al gusto, decisamente persistente ed intrigante.

 

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Di Davide Amadei