Le sfide del biologico e biodinamico con Fisar Lecce
Lunedi 19 aprile la delegazione Fisar di Lecce ha offerto ai suoi iscritti un interessante webinar sulle tematiche inerenti al vino biologico e biodinamico. Partendo dalla storia e l’esatta definizione fino alla qualità, alla relazione cibo-vino e la commercializzazione si è chiarito questo argomento complesso.
Ospiti dell’appuntamento sono stati Lorella Reale, sommelier, produttrice e autrice di “Sorsi letterali” – Vino naturale come utopia” e Gianpaolo Giacobbo, curatore di una postfazione al testo, esperto e consulente di Arkè , un canale distributivo e promozionale di soli vini naturali.
Biologico e biodinamico: differenze e similitudini
Reale e Giacobbo hanno guidato i presenti attraverso un’attenta analisi dei due metodi produttivi. Il vino biologico impone una scelta produttiva netta: nessun trattamento sintetico e insetticidi alle viti e decisa riduzione degli input durante la vinificazione.
Per la produzione di vino biodinamico si fa un ulteriore passo avanti: i viticoltori biodinamici cercano di intensificare la vita del terreno in modo che ci sia un migliore scambio tra il terreno e la pianta.
Per riassumere, si prevede:
– Il non utilizzo di prodotti di sintesi (pesticidi);
– L’uso di pesticidi naturali come il rame (la famosa miscela bordolese) e lo zolfo, in quantità ridotta (4kg per la viticoltura biologica rispetto ai 3kg max per la viticoltura biodinamica);
– L’uso di preparati “biodinamici” nei vigneti a base di concime di sterco di vacca e piante infuse e utilizzando il calendario lunare;
– La fermentazione spontanea solo con i cosiddetti lieviti indigeni, quindi senza l’aggiunta di lieviti secchi;
– Solfiti in dosi inferiori a 90 m/L per i vini bianchi e a 70 m/L per i vini rossi.
Sfide e difficoltà della scelta bio
I relatori hanno voluto porre l’accento sul significato di adottare il regime biologico o biodinamico. Questa decisione, infatti, non è per nulla semplice e risulta piuttosto impegnativa soprattutto in termini di tempo. Il periodo medio di conversione di un vigneto è infatti di tre anni, durante i quali la resa della vite sarà notevolmente inferiore. Inoltre, questa conversione richiede investimenti in particolare in attrezzature, che generano costi aggiuntivi: tendenzialmente un vigneto biologico costa dal 20% al 40%.
La coltivazione biologica della vite richiede molto più lavoro e un clima particolarmente favorevole. I cambiamenti climatici esercitano un impatto notevole in questo settore, complicando non poco l’attività di chi adotta la causa del Bio. Per questo motivo molti produttori stanno valutando una maggiore flessibilità e il ritorno ai metodi chimici, se il raccolto risultasse minacciato.
Il crescente successo
È importante, comunque, far notare che oggi il mercato a livello globale (soprattutto Scandinavia, Cina e USA), anche sulla scia della pandemia di Covid-19, dimostra che sempre più consumatori hanno alzato in modo consistente la domanda di prodotti biologici.
La serata di Fisar Lecce è stata molto apprezzata e ha visto grande partecipazione da parte degli iscritti che hanno intrattenuto i relatori con numerosi spunti di riflessione e domande sull’argomento.